L' EQUILIBRIO DELLE LUCCIOLE (2) di Valeria Tron
Adelaide (Ade per gli amici) è una donna di circa 45 anni,
con alle spalle un divorzio, un figlio diciottenne che studia, un compagno
(Edo), professore universitario, tutto preso dal lavoro, dagli studi, dai
convegni e che ritiene che la loro vita sentimentale vada bene così: ”scivolare su binari tranquilli”.
Ad Ade questo non basta, sente di avere ancora energie per
vivere diversamente e voglia di affetto ed entra in crisi. Non sa che decisione
prendere: lasciare Edo oppure rassegnarsi. Decide di prendersi una vacanza.
Anche se è inverno si rifugia nella casa della sua infanzia, in una frazioncina
dell’Alta Val Germana, nelle Alpi Piemontesi. Lassù sono rimaste solo due
persone, due vecchi più che novantenni. Adriana (Nanà) e Valente (Levì); anzi
Levì si trova attualmente in un ospizio per vecchi, in cura perché è caduto e
si è ferito spaccando legna per la stufa.
Riaprendo la sua casa di famiglia e ascoltando i discorsi di
Nanà, Ade viene presa dai ricordi delle persone che hanno abitato la piccola
frazioncina e che ora non ci sono più.
E’ un mondo di affetti, gioie, preoccupazioni, di vita
semplice ed anche complicata dalla guerra, dalla miseria, dall’emigrazione.
Riappaiono le zie (dando Lena, dando Irma, Memè e tanti altri personaggi
imparentati tra loro o legati da profonda amicizia, che rendevano viva la
frazione di Aigo).
Ora Ade ricuce i ricordi sbiaditi dell’infanzia trascorsa,
viene a conoscenza di terribili segreti, trova tranquillità nella natura, nelle
passeggiate nel bosco coperto di neve, nello sgocciolio dei tetti al disgelo,
nel silenzio delle gelide notti. I ricordi sono come scatole preziose e
magiche, nascosti nella memoria o nello sgabuzzino di Nanà tra foto, lettere
mai recapitate, diari, vestiti, bottoni, lane e ricami… .
In questo mondo “sospeso” nel passato il cuore di Ade si
tranquillizza e si riapre ad un amore timido e inatteso per Daniele, un
infermiere che ha in cura Levì e che, anche lui, ha avuto il cuore ferito da un
amore svanito.
Quella di Ade è una storia apparentemente semplice e comune,
in realtà non lo è. E’ una crisi che trova soluzione in un ambiente inusuale:
una frazioncina sperduta tra le montagne, a contatto con la natura, con il
ripristino del valore dei ricordi, degli affetti (amore, amicizia, solidarietà)
e delle piccole cose (i profumi del bosco, della naftalina negli armadi e nelle
scatole, della legna che brucia nella stufa, nei cibi del passato, dei
decotti,…., di piccoli gesti, dei balli e dei canti, delle chiacchiere
all’imbrunire sull’uscio di casa).
Vale la pena di leggere questo libro per la delicatezza e
l’attenzione particolare prestate ai problemi della vecchiaia, della
solitudine, della morte.
“La morte è un battito che manca. La vita, un battito
inatteso”. Dice l’autrice.
Bella la scrittura: così originale, a volte semplice a volte
concisa da richiedere tempo e pazienza per interiorizzare i concetti espressi.
Originale anche la “nascita” di nuove parole.
Molto particolari e significativi i dialoghi con Nanà, che
parla l’antica lingua della vallata (l’occitano), di origine medioevale.
Significato del titolo:
Ricordando che da piccola vedeva le lucciole nel bosco e ne
rimaneva incantata, l’autrice dice che per un lungo periodo le lucciole non
emettono luce, poi si accendono e brillano nel buio “per amore”.
Così anche tutti noi abbiamo una luce che, anche se piccola,
può accendersi in qualsiasi momento e portare gioia e amore. In una intervista
dice inoltre che :
“Ci sono due cose che
vincono la morte, l’amore e il ricordo”.
Recensione di Pina Quagliato
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