M. Palminteri-COME L’ARANCIO AMARO. Carlotta e la verità, tutta la verità nient’altro che la verità.




Carlotta Calangioso, 36 anni, direttrice scrupolosa dell’ Archivio Notarile di Agrigento, vuole scoprire la verità, tutta la verità nient’altro che la verità sulla sua storia familiare. La miccia viene innescata da un vecchio documento notarile riguardante l’accusa della nonna paterna Donna Rosetta  alla madre Nardina di non aver partorito Carlotta, ma di averla “comperata” e dunque di aver raggirato il padre, barone Carlo Calangiosi.

Inizia così l’indagine di Carlotta alla ricerca della verità sulla sua nascita. Ha bisogno di capire, anche per rispondere, una volta per tutte, alle angosce esistenziali che la perseguitano sin dall’infanzia..

Carlotta Calangioso nasce e cresce a Sarraca nell’Agrigentino, durante il ventennio fascista. In Sicilia  il nuovo ordine Mussoliniano appare sfumato ad eccezione  della figura del Colonnello  Mori che si  staglia nitido nel nuovo sistema. Il Duce gli affida il compito di fare piazza pulita dei “mafiosi”, considerando questo il  primo passo verso la modernizzazione della Sicilia. Con quali risultati? Qualche mafioso in meno, come Don Calogero Licata costretto a fuggire in America. Modernizzazione zero, ma operazioni   gattopardesche in gran quantità .

Famiglie 

Due sono le famiglie nobili ombre sbiadite dei vecchi fasti della nobiltà sarracese: ii Calangioso( Donna Rosetta Calangioso, suocera perfetta e il figlio Carlo che fa il farmacista, il “buono della situazione”);.

e i Damelio ( Don Rosario Damelio capofamiglia debosciato, il figlio baroneddu Stefano che gioca invece  l’importante ruolo del cattivo, la figlia Silvia che vive all’ombra del fratello..

La ‘gnora Bastiana, detta la Currera per i suoi traffici articolati, un pò strozzina, un pò sbrigafaccende importanti, è una donna di potere e conosce i segreti di tutti. Ha una figlia, Nardina ragazza brillante, studiosa e moderna nelle sue aspettative.


Giovani donne protagoniste

 Nardina ama studiare. Sua madre la iscrive ad un prestigioso collegio di  suore dove la passione per lo studio si rafforza, grazie anche alle idee moderne delle sue compagne nobili e ricchissime che


 “l’avevano cambiata coinvolgendola in un vento di progresso che proprio allora cominciava a soffiare più forte e sussurrava alle donne che era tempo che fosserofinalmente consapevoli delle loro capacità, ché nel mondo degli uomini c’era spazio anche per loro[,...] Il maggior guaio lo aveva fatto la direttrice Suor Silvia che, letto in due notti il romanzo della Aleramo, Una donna,ne aveva poi fatto dono alla biblioteca scolastica. Libero di circolare tra le ragazze, il libro quasi mai si trovava al suo posto nello scaffale”.p.134


Tutto bello e promettente per la giovane Nardina, ma la madre non condivide i suoi piani e  vuole solo  “sposarla bene”, con un titolato, per dare lustro e riconoscimento alla sua posizione sociale. E così sarà. Bastiana riesce a combinare ilmatrimonio tra Nardina e Carlo Calangiosi che fortunatamente si amano. Il lieto fine viene oscurato dal fatto che la giovane non  rimane incinta. L’unica  persona che non ries ce ad accettare  la situazione è Donna Rosetta che tormenta i  due sposi con le sue  accuse e trame sotterranee. Il nome dei Calangioso non pò morire. 

A questo punto entra in ballo Sabedda, giovanissima figlia di Bartolo, massaro di casa Damelio. La fanciulla è bella da far girare la testa, specialmente  all’amico d’infanzia u’ baruneddu Stefano, con cui divide giochi di bambini nella tenuta di San Marco. Ma i bimbi crescono e le smanie degli adolescenti anche, soprattutto quelle di Stefano che finisce con il prendersi quello che considera una sua proprietà: Sabella e la sua purezza fisica e sentimentale. Di quell’atto di rapina rimane traccia: Sabella, innamorata e confusa, rimane incinta. Una gravidanza provvidenziale per la currera Bastiana che da grande manovratrice, architetta un piano quasi diabolico per fare di quel figlio un Cangialosi.

Quando Nardina rivela a Carlo la sua “gravidanza” scopre qualcosa che fa crollare il suo mondo di sposa felice. Non è vero che il marito  non ci tenesse a diventare padre, non è vero che lei, il loro amore, la loro intimità fossero al primo posto dei suoi pensieri, come aveva sempre detto per rassicurarla. Dalla reazione di Carlo alla notizia, Nardina sente che erano tutte bugie e che lui ci teneva  eccome a diventare padre, alpunto che, per non rischiare un aborto,  smette di avere rapporti con lei, privandola così dell’initmità complice che era stata fino ad allora la colonna portante del loro matrimonio. 

La vita va avanti seguendo percorsi imprevedibili e spesso dolorosi. Arriva la piccola Carlotta proprio il giono in cui Carlo, muore in uno strano incidente stradale. Le vite di Carlotta, Sabedda e Nardina si intrecciano in un groviglio di sentimenti contrastanti, di dubbi, sconvolgimenti e rivelazioni. Sono personaggi costruiti con uno stile efficace, a volte abbondante, ricco di immagini e suoni ancestrali della lingua sicula della quotidianità e dei sentimenti, che impressiona chi legge.

Bellissimi espedienti narrativi sono il testamento di Liz-Elizabeth-Sabedda, che arriva dall’America a chiarire tutti i dubbi, e la lettera indirizzata a Carlotta, emersa tra la biancheria di Zu’ Peppino l’avvocato.  Non è un testamento legale, ma un lascito  spirituale, un progetto di vita che una madre amorosa lascia ad una figlia abbandonata per donarle un futuro milgiore. L’incontro finale delle due anime, aiuterà Carlotta a trovare finalmente la sua strada e a diventare avvocata difensora delle donne in difficoltà, proprio come le aveva suggerito la madre Sabella. 

L’arancio amaro

L’ arancio amaro è uno dei protagonisti della storia, ricorre in molte forme, ma con un’essenza unica che lo caratterizza: quel suo  essere profumato e bellissimo ma anche pieno di spine. Proprio come la vita di alcune persone. Spine e piaceri si tengono insieme con forza e bellezza  per creare  frutti meravigliosi.


Nell’Arancio Amaro Palminteri esplora un vasto mondo di  sentimenti, di contesti sociali, di luoghi suggestivi e meravilgiosi, di umanità dolente e prepotente, di donne coraggiose e audaci, che nel romanzo trovano una  sintesi perfetta ed efficace.


Il giardino di Sabella- “Quel giardino dove, io vecchia e tu fimmina fatta, c’incontrammo nel sogno, esiste per davvero. Io stessa lo vollie cambiai oure città ché a New York  d  ove abitavo troppo era il freddo e gli uccelli d’inverno cadevano dai rami degli alberi morti stecchiti.neanche gli aranci amari, forti e nodosi, che mai si spezzano, lì  potevano vivere. Qui a San diego invece c’è un sole che pare fratello di quello che  ogni giorno dell’anno siaccende in Sicilia e iotanto feci, tanto trafficai, che quasinon ci credevo più quando gli alberuzzi  di melangolo cominciarono a crescere. Ora lo sai, Carlotta mia, io dell’arancio amaro conosco solo lespine e ormai non mi fanno più male. Ma ilprofumo del suo fiore bianco è tuo, ed è quello della libertà. Prega per me figlia mia, e fatti albero di arancio amaro, con le spine e con i fiori.”p. 424


  

Altri assaggi

Carlotta- “Carlotta si ostinava a soffocare la sua bellezza in severi completi scuri e maschili, chiusa dall’alba al tramonto nel suo piccolo ufficio, dove l’aria fresca delle stagioni entrava di rado. Il suo tempo dondolava tra il lavoro burocratico e abitudini composte e precise da zitella”p.15 

La punciuta con spine di arancio amaro-Calogero  era uomo d’azone e la politica e i suoi disegni gli erano indifferenti, essendo suo solo fine quanto di utile gli potesse venire. Gli giunse quindi opportuno il battesimo di mafia, celebrato secondo il rito della punciuta del dito indice con una spina di arancio amaro. Gli fruttò calde raccomandazioni presso i notabili del paese…” p.111

La parola  “mafioso”-“E davvero se avessero dovuto spiegarla, da quella parola, a Sarraca e nella Sicilia tutta,Nessuno ne sarebbe stato capace.Non un mestiere, una ingiuria o un difetto. Semmai un atteggiamento, una sicurezza nei modi, un'aura di uomo miracoloso. Era così innocente quella parola che se c'era da fare un complimento a una ragazza la si appellava proprio “maffiosa” facendo onore alla sua bellezza e a un tempo al suo carattere volitivo e insofferente.” p. 38


Ornella Fortuna

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