COME L’ARANCIO AMARO (2) di Milena Palminteri Ed. Bompiani




Sullo sfondo della Sicilia all’epoca fascista si svolge la vicenda che riguarda le origini di Carlotta, laureata in Giurisprudenza, e direttrice dell’Archivio notarile di Agrigento.

All’inizio della carriera, la ragazza aveva lavorato presso lo studio dell’avvocato Antonio Calascibetta, amico della sua famiglia d’origine, che l’aveva consigliata di sostenere il concorso per direttore dell’archivio di Agrigento, in quanto il mestiere di avvocato era prerogativa maschile, quindi avrebbe incontrato molti ostacoli nell’esercizio della professione.

Nel corso di una ricerca nell’archivio in cui lavora, Carlotta trova una copia del verbale d’inventario dell’eredità del barone Carlo Cangialosi, suo padre, e scopre qualcosa relativo alla sua nascita. La sua famiglia non c’è più, quindi la ragazza si rivolge, per ottenere spiegazioni su quanto ha trovato, all’unica persona che per anni ha seguito da vicino tutti i suoi congiunti e ne conosce i segreti: l’avvocato Antonio Colascibetta, da lei chiamato Zu Pippino.

Da questo incipit si dipana tutta la storia di Carlotta in un alternarsi di capitoli che vanno dal 1924 al 1960, periodo in cui la ragazza inizia la ricerca dei documenti che la riguardano. Nel corso degli eventi, si conoscono le donne che hanno fatto parte della sua vita fin dalla nascita. Nardina, sua madre, ricca di progetti per il proprio futuro, poi abbandonati per sposare il barone Cangialosi. 

Sabedda, ragazza povera e abusata, che si ribella al suo destino e, con fierezza, riesce a riscattarsi e ad opporsi a ciò che la società le impone.

Carlotta racchiude in sé le qualità migliori di entrambe le donne: con la forza di Sabedda e la lungimiranza di Nardina.

Intorno alle tre donne si muovono altri personaggi tutti ben descritti, ma quello che ha particolare rilievo è Zu Pippino, sempre pronto a proteggere e sostenere Carlotta nelle difficoltà.

RECENSIONE

Il romanzo è avvincente, ben costruito e tratta molti temi: l’amore, la ricerca della verità, la sopraffazione dei nobili sul popolo, la sottomissione delle donne al volere maschile, la vendetta.

La narrazione è un po' appesantita dall’uso di molti termini del dialetto siciliano; per comprenderli, alla fine del libro, si trova un glossario molto utile.

Il titolo del romanzo è simbolico: l’arancio amaro è il frutto simbolo di vita e di rinascita, ma anche di amarezza e sofferenza, per questo rappresenta perfettamente la condizione della protagonista del romanzo.

“Carlotta mia, io dell’arancio conosco solo le spine e ormai non mi fanno più male. Ma il profumo del suo fiore bianco è il tuo, è quello della libertà.”

 Sono le parole contenute nel testamento che Sabedda lascia in eredità a Carlotta ed esprimono la sua libertà ritrovata.

CONSIGLIATO!

Daniela dagli Orti

 

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