L’ETÀ FRAGILE di Donatella Di Pietrantonio. Riflessioni a confronto
PREMESSA
Il gruppo di lettura Girolibro di Selvazzano, decide di leggere L’età fragile di Donatella Di Pietrantonio sull'onda dell' eco prodotto dall'assegnazione del Premio Strega 2024 alla scrittrice abruzzese, già nota al gruppo con L’Arminuta, Bella Mia, Mia madre è un Fiume.
Girolibro si caratterizza per la sua peculiare modalità di lettura e incontro, basata sullo scambio di libri che ci appassionano e che vogliamo condividere. Durante i nostri incontri abbiamo spesso sperimentato come una stessa opera possa suscitare reazioni diverse, a volte conflittuali.
Con L’età fragile è scattata l’esigenza di tornare alle origini, quando leggevamo tutti lo stesso libro e poi lo commentavamo insieme, per confrontarci ancora una volta con le molteplici reazioni che un romanzo produce su chi lo legge.
Dopo la lettura abbiamo discusso a lungo e, come ci aspettavamo, sono emersi punti di vista a volte concordanti, a volte no. Quando un romanzo finisce tra le mani di un lettore cambia abito e diventa parte viva della sua esperienza, in un’interazione molto speciale.
Il risultato del vivace confronto su L’Età fragile, è in parte riportato nell’opuscolo, ma non ne riflette l’ampiezza e la profondità emerse durante la riunione. I commenti pubblicati non sono stati scelti in base alla loro qualità rispetto ad altri, ma solo grazie alla loro disponibilità “digitale”. Non è escluso che altri commenti vengano aggiunti in seguito.
Il gruppo ha nel frattempo deciso di rendere l’opuscolo disponibile per la Festa della Biblioteca “M.Cesarotti” di Selvazzano, che ci ospita, e nel blog Girolibro dove sono contenute le recensioni di molti libri letti dal gruppo, nel tempo.
E ci fa piacere parlarne proprio in questi giorni in cui è più forte e condivisa l'attenzione sulla violenza contro le donne e su tutte le azioni che si possono mettere in atto per eliminarla.
RIFLESSIONI A CONFRONTO
In difesa dei diritti e della salvaguardia delle donne
Luigi Canale
Forse mai come oggi salgono alla cronaca quotidiana fatti delittuosi contro tante donne, e l’autrice in questo romanzo si rifà ad un episodio di cronaca avvenuto sulla Maiella, in Abruzzo, negli anni novanta, che diventa la scintilla dalla quale scaturisce il romanzo. Una voce dunque, quella dell’autrice in difesa dei diritti e della salvaguardia delle donne.
Più che l’età fragile della figlia dell’interprete principale, qui si descrive una fragilità da parte di tutti i personaggi. Se era questo che l’autrice voleva dire, siamo tutti fragili, portatori delle nostre ferite, delle nostre difficoltà. Il romanzo diventa così una riflessione sul fatto che i giovani arrivano ad affrontare la vita senza esperienza e senza rete, mentre i vecchi ristagnano nel loro carattere indurito, con poche parole come i giovani stessi.
Stile originale seppure la lettura si presenti un po’ ruvida e asciutta, forse perché, ho ipotizzato, il linguaggio è appoggiato alla forma dialettale abruzzese. Anche la presenza di salti temporali non aiutano la leggibilità. La nota surreale, incomprensibile, del finale è la presenza delle ragazze morte che si presentano anch’esse alla festa «Tania e Virginia escono dalla parte più scura del bosco, attraversano il prato leggere…»
Il silenzio di Amanda
Daniela Dagli Orti
Amanda torna a casa, nel suo paese, dal quale se n’era andata qualche anno prima per viverve a Milano e realizzare i suoi sogni. Delusa nelle sue aspettative si chiude in un silenzio che la madre vorrebbe spezzare, perché avverte la sua profonda sofferenza.
Anche lei, Lucia, si porta dentro un dolore che risale a tanti anni prima, quando una tragedia ha sconvolto la vita del paese. Tre ragazze sono scomparse dal campeggio nel quale stavano trascorrendo le vacanze. Paesani, carabinieri e ragazzi del luogo le cercano ed anche Lucia partecipa alle battute, che ha ancora vive in mente.
Alcuni speculatori edilizi vorrebbero comprare il terreno dove sorgeva il campeggio, il padre di Lucia, proprietario dell’area, ha lasciato la terra alla figlia che deve decidere se venderla o meno. Lucia è disposta a vendere quella terra che ha visto la tragedia vissuta dalla sua migliore amica, Doralice, l’unica ragazza scampata al massacro ad opera di uno stupratore. Il ricordo del fatto accaduto la trattiene dal farlo nel timore di quanto potrebbe riemergere dal terreno smosso dagli escavatori.
Nel rivangare il passato con la figlia Amanda, Lucia scopre che la ragazza ha subito una rapina a Milano che l’ha scioccata e resa consapevole della propria fragilità.
Quando le ruspe entreranno in azione per demolire quello che resta del vecchio campeggio, Lucia si libererà dei ricordi e inizierà una nuova vita con Amanda.
Temi trattati:
Rapporto conflittuale genitori e figli
Amicizie che mutano o scompaiono
Difficoltà di comunicazione in famiglia e nella società
Traversie della vita
Stile scorrevole, linguaggio semplice. Consigliato.
E' un libro carino, ben strutturato e di piacevole lettura
Paola Fermon
La storia è narrata ai tempi attuali, ma ricorda un evento realmente accaduto trent’anni fa e mai dimenticato da tutti i paesani di un borgo sull’Appennino pescarese.
Il fulcro è sull’incomprensione che spesso grava nei rapporti madre-figlia-padre, specialmente nell’età della giovinezza e sembra che questa età fragile sia proprio in quella fascia d’età. A me sembra di aver colto invece il messaggio che l’età fragile sia in qualunque momento della vita quando ci si sente soli, incompresi, angosciati o sofferenti per qualche motivo. Avremmo bisogno di aiuto, ma non abbiamo il coraggio di chiedere. E’ proprio questo che tiene lontani i protagonisti: la mancanza di dialogo.
La scrittura è un po’ a singhiozzo con continui salti temporali, ma ormai ci si abitua perché molti libri oggi si presentano in questa forma.
La trama si propone anche come giallo su questo evento tragico per cui è facile arrivare fino alla fine.
Quel che accade alle donne
Ornella Fortuna
Siamo in un piccolo paese adagiato in una valle della montagna abruzzese, la dottoressa Lucia ha uno studio di Fisioterapia in centro. Separata non legalmente dal marito Dario, ha una figlia che studia a Milano. Vite tranquille scandite da ritmi ordinari, fino a che Amanda decide di lasciare Milano senza un apparente motivo, per tornare a casa con lo sguardo spento e l’energia a zero. Cosa è successo? Madre e figlia iniziano a vivere un rapporto di conflittualità, a volte palese a volte repressa e muta, ma dirompente. Come ne usciranno?
“Con Amanda nemmeno l’istinto mi aiuta, piuttosto mi tradisce. Non posso rilassarmi mai, devo spingerla a stare in piedi, lavarsi, portare giù la spazzatura. La mia spinta è senza grazia, a volte rozza. Mi confondo anch’io, non so se parlo alla bambina che si attarda o alla donna che sarà. Ma i figli quando cominciano a essere davvero grandi? Dubito di coglierlo, quel momento.”p.119
Tutta la storia ruota intorno a quel che accade alle donne, giovani e meno giovani. Complice degli eventi è l’aspro ambiente montano abruzzese. Bellissimo, spesso incontaminato, a volte insidioso. Il racconto si dipana tra presente e passato, a partire dalla decisione del padre di donare a Lucia, che a dire il vero non sa proprio cosa farsene, il Dente del Lupo, località di montagna dove nel passato c’era un campeggio con piscina, gestito da Osvaldo grande amico del padre, e da sua moglie Nunziatina, detta la Sceriffa. Doralice, la figlia dei due, e Lucia sono grandi amiche. L’atmosfera tranquilla, talora idilliaca dei pascoli lussureggianti, tra greggi e pastori, viene a un certo punto contaminata da un evento tragico e violento, la scomparsa di tre ragazze: due turiste ospiti del campeggio, Virginia e Tania Vignati, e Doralice. Buona parte del romanzo si sviluppa attraverso la ricostruzione dell’evento e delle sue conseguenze sulle persone e sui luoghi. Il Dente del Lupo diventerà suo malgrado, il protagonista principale della storia, nel bene e nel male, tra misteri e scoperte. Diversi i temi trattati dalla scrittrice: il rapporto madre-figlia, l’amicizia tra donne, quella tra uomini, spesso in forma di cameratismo, la cura dell’ambiente e la collegata ‘economia del turismo’, i sentimenti, il sesso, la solitudine, il rapporto con il diverso, con lo straniero. E poi la Giustizia nei panni della giudice Grimaldi. Torna dunque un tema caro a Di Pietrantonio: il rapporto con la madre. La gita che fanno insieme a Napoli, (cap 8), dove vive la zia Anna, sorella di sua madre a lei quasi sconosciuta, ce ne offre un assaggio in toni narrativi che vanno dal serio al faceto, con venature di fastidio e tenerezza, di consapevolezza tradiva sulla vera natura della gita. Un personaggio tondo ed efficace è la Sceriffa, intuiamo storie interessanti nella sua vita, ma soprattutto la conosciamo attraverso la triste vicenda che ha coinvolto anche sua figlia Doralice che, dopo il processo, fugge in Canada dove riprende gli studi e diventa un’avvocata di successo. La Sceriffa la considera ormai persa, oceani e paesi le separano, non andrà mai a trovarla, non ama gli aerei, figurarsi prenderli per un viaggio così lungo! E Doralice non ci pensa nemmeno di tornare nella valle oscura. La Sceriffa e Lucia si scambiano confidenze. Lucia che non sa più che pesci pigliare con Amanda, ma Nunziatina le viene in aiuto:
“Non scontrarti con Amanda, non ne vale la pena per i soldi che ti offre Gerì. E non ne vale la pena per quel posto, Aggiunge alzando gli occhi verso la montagna. Bisogna avere pazienza, con lei, ha vent’anni. – Lasciala stare, se in questo periodo non studia. – Tu come lo sai- le chiedo. Gliel’ha detto a mio padre, una volta che è andato da loro. Era preoccupato. -La strada c’è già da qualche parte, ma tua figlia deve ancora trovarla. Ascolto le sue parole in silenzio, con un senso di gratitudine. Se ora ci fosse mia madre qui, me lo direbbe quasi uguali. Mi direbbe: aspetta. Forse è proprio lei che mi parla per bocca di Nunziatina. Inl fondo erano amiche. E se mia madre aveva qualcosa da perdonarle, sono certa che in vita l’avrà fatto.”.167
Alla fine Amanda troverà la sua strada. E anche Lucia che, zac, finalmente taglia ogni cordone. Sugella la nuova fase il meraviglioso concerto al Dente del Lupo dove il coro di cui Lucia fa parte sta richiamando gente da ogni angolo, perché il bosco torni a vivere la sua vera natura, aiutato dalle armonie della musica umana. Tutt’intorno sembrano volteggiare le anime leggere di adolescenti in viaggio dal passato, che tornano a riappacificarsi con il posto e con le persone.
“Il coro di stasera è una sorpresa, rompe il silenzio degli anni. Cade nel cielo sopra il Dente del Lupo l’ultima Stella dell’estate” p. 176
Di Pietrantonio sceglie una narrazione in prima persona, quasi autobiografica, con tutta l’emozionalità che tale approccio si porta dietro. Lo stile sembra ripercorrere i sentieri scoscesi della montagna abruzzese, tra valli e salti, in compagnia dei camosci:
“un luogo severo e selvaggio che regala scorci inattesi su pareti rocciose, burroni ed esili cenge dove solo i camosci si trovano a proprio agio.”
E l’effetto è bellissimo: Di Pietrantonio colpisce ancora, dritto al cuore e alla testa. L’ ispirazione che la sua terra suscita si trasforma attraverso le sue parole in emozioni profonde.
La montagna d’Abruzzo, è davvero importante in questo romanzo
Sara Mezzacasa
Tre generazioni raccontate, un padre che non ha mai lasciato la sua montagna, sua figlia Lucia, che va e poi torna ogni volta che si deve ritrovare, e Amanda, la nipote, che lascia tutto per andare al nord a studiare, ma non può fare altro che ritornare per aggiustare la sua vita.
Questa montagna è un luogo meraviglioso, ma può diventare teatro di crudeltà. Può inasprire chi ci vive, o chi è costretto a viverci. La solitudine, i silenzi, le poche relazioni possono nascondere cattiveria e violenza.
Ci sono molte vittime. Alcune sopravvivono, altre fuggono.
Sarà la stessa montagna a rivendicare la sua vera natura, a tornare alla sua forma originaria, a rimettere in ordine ogni cosa.
Lucia
Pina Quagliato
Lucia è una fisioterapista, abita in un paesino nelle vicinanze di Pescara e col suo lavoro riesce a mantenere una figlia (Amanda) all’Università di Milano.
Ha un padre, che vive da solo, sta invecchiando e ha bisogno della sua presenza.
E’ separata dal marito, che vive a Torino per lavoro e non si occupa né di lei né della figlia.
Inaspettatamente, un giorno, Amanda, dopo aver vissuto volentieri e studiato a Milano per un paio d’anni, rientra a casa dalla madre. E’ stravolta, si chiude nella sua stanza e non vuole parlare né vedere nessuno.
Per Lucia si apre un nuovo periodo difficile della sua vita: non sa come aiutare la figlia e farla uscire dal guscio in cui si è rinchiusa. Comprende che ad Amanda è successo qualcosa di grave: ma che cosa?
Anche Lucia, in gioventù, era stata coinvolta emotivamente in un fatto tragico che, con fatica, era riuscita a nascondere ma non a dimenticare.
“Ma quando diventano adulti i figli?” si chiede sgomenta.
L”’Età fragile” può essere intesa non solo quella dell’adolescenza e della gioventù, ma anche quella della maturità (la maternità che vuole proteggere i figli dai dolori della vita) ed anche quella della vecchiaia (il padre che si stacca da quelli che sono stati i suoi interessi quotidiani di tutta una vita ed ha bisogno d’aiuto).
A me il libro è piaciuto molto sia per l’attualità del rapporto difficile tra madre e figlia, sia per lo stile di scrittura dell’autrice, molto incisivo e profondo.
Un’ultima nota: a mio parere è stato dato troppo spazio alle fasi processuali dell’orrendo omicidio delle due ragazze, avvenuto nel bosco.
L’AUTRICE
Donatella Di Pietrantonio nasce il 5 gennaio 1962 ad Arsita, piccolo paese montano in provincia di Teramo, da famiglia contadina. Nel 1986 si laurea in odontoiatria presso l’università dell’Aquila. Attualmente vive con la sua famiglia a Penne, in provincia di Pescara, dove esercita la professione di dentista pediatrica.
Il suo esordio letterario avviene con Mia madre è un fiume (Elliot edizioni, 2011), sul rapporto tra una madre malata di Alzheimer e la figlia che si prende cura di lei, attraverso il filo della memoria che ripercorre le tappe della vita di ambedue.
L’opera di Donatella Di Pietrantonio ha ricevuto numerosi riconoscimenti: Mia madre è un fiume ha vinto il Premio letterario Tropea 2011; Bella mia ha conquistato il Premio Brancati 2014, è stato candidato al Premio Strega nello stesso anno e, nella ristampa del 2020, ha ottenuto il Premio internazionale Penne-Mosca 2020. L’Arminuta, romanzo vincitore del Premio Campiello, del Premio Napoli e del Premio Alassio Centolibri - Un autore per l’Europa nel 2017, è stato trasformato in una pièce teatrale messa in scena dal Teatro Stabile d’Abruzzo nel 2019-20; la trasposizione cinematografica, per la regia di Giuseppe Bonito, è del 2021. Di Pietrantonio ha collaborato alla redazione della sceneggiatura. Borgo Sud è stato candidato al Premio Strega nell’edizione 2021. Nel 2017 la scrittrice è stata insignita dell’Ordine della Minerva dall’Università “G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara.
I temi più cari a Donatella Di Pietrantonio sono il lutto, la perdita, l’abbandono, i rapporti familiari, di sangue e di spirito, i legami tra madri, figli(e) e sorelle. In un’intervista, la scrittrice ha dichiarato di essere interessata alle “conseguenze del disamore” (Officina letteraria - Donatella Di Pietrantonio). Un altro tema ricorrente è la rievocazione di un Abruzzo contadino o preindustriale, scabro, difficile, che continua a resistere ostinatamente alla e nella modernità. Questa vicinanza alle radici è visibile anche nella resa attenta del ritmo e dei suoni della lingua: Di Pietrantonio non riproduce il dialetto, se non in poche parole e forme come gli infiniti e i vocativi troncati o occasionalmente in frasi più lunghe per dare voce a personaggi dalla fisionomia particolare (ad esempio la vicina squilibrata in Bella mia e la vecchia “magara” zi’ Carmela in L’Arminuta), ma ne ricalca lessico e sintassi, spesso attraverso prestiti e calchi abruzzese > italiano, creando un effetto di straniamento anche per il conflitto semantico che talvolta ne emerge. Continua a leggere in: Enciclopedia delle Donne
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