DOVE VOLA LA POLVERE (2) di Quế Mai Nguyễn Phan. Tra America, Vietnam e Amerasiatici

 



Dedica dell’autrice

“Per gli  amerasiatici [decine di migliaia di bambini nati da soldati americani e donne vietnamite] e i loro familiari che hanno condiviso con me le loro storie personali. Il loro coraggio è per me fonte di ispirazione. Per i milioni di uomini, donne e bambini che sono stati travolti nel vortice della guerra del Viet Nam. Per tutte le vite che sono state colpite dalla violenza. Con l’augurio che nel nostro mondo possano esserci più pace e solidarietà”.

Non vedo pensiero migliore di questa citazione per iniziare a parlare di DOVE VOLA LA POLVERE di Quế Mai Nguyễn Phan. Scrivo questa recensione per  due amiche del gruppo di lettura Girolibro di Selvazzano: Luisa che  ha presentato  il libro al gruppo (e di recente è andata ad esplorare il Vietnam di persona!) e Paola, viaggiatrice instancabile e avventurosa, che proprio quest’anno ha fatto un viaggio meraviglioso in quei luoghi e ci ha affascinato con il suo reportage fotografico. 

Leggendo il romanzo  capisco meglio il fascino che questa terra ha esercitato sulle mie due amiche “girolibrine”.

Ho  letto il libro  con curiosità e piacere. Aver vissuto la mia adolescenza negli anni feroci della  guerra in Vietnam mi ha spinto a volgere lo sguardo a quel mondo. Un mondo che ho  vissuto indirettamente e con il coinvolgimento di un’adolescente trascinata dalle canzoni di protesta di  Bob Dylan, di Joan Baez e del nostro Gianni Morandi con il suo  C’era un ragazzo che scritta nel 1966 da Franco Migliacci con musica di Mauro Lusini, con l'arrangiamento di Ennio Morricone.

Il conflitto termina nel 1973 senza vinti nè vincitori, ma con milioni di morti, di vite distrutte psicologicamente, di una conferma che nessuno  viole mai tenere presente: la Guerra è un disastro per l’umanità, il punto più basso dell’evoluzione della specie umana autodistruttiva e stupida. Ed oggi  continuiamo ad averne testimonianza.

La storia e i protagonisti

Dan l’elicotterista è un veterano del Vietnam che come molto altri, arriva alla vecchiaia tra disordini mentali e fisici, cercando di  recuperare una parte di sè rimossa, ignorata per troppo tempo. Torna in Vietnam con la moglie LInda.

“Quanto era stato ingenuo anche sulla guerra.Di fatto, quando si era arruolato, non sapeva proprio niente del Viet Nam. se lo immaginava come un posto esotico. sebbene nel 1968 fosse già attivo il movimento di protesta contro la guerra, lui non vi aveva prestato attenzione, troppo preso dai  problemi che c'erano a casa. E poi sotto sotto sognava di diventare un eroe. E, poiché la guerra sfornava eroi, lui era tutto fiero di entrare a far parte di uno degli eserciti più potenti del mondo e andare a salvare i poveri vietnammenti daquei selvaggi dei comunisti.M le letture fatte in seguito sul Viet Nam gli avrebbero insegnato che il popolo vietnamita non aveva affatto bisogno di essere compatito aveva combattuto valorosamente per l'indipendenza contro i cinesi, i mongoli, i francesi e i giappones.

Gli ci erano voluti anni di quelle letture per comprendere che in realtà era stato mandato in Viet Nam per salvare il paese dai vietnamiti, e per salvare i  vietnamiti bisognava ucciderli. A milioni. Capire tutto ciò lo aveva riempito di rabbia, lo aveva portato a bere ma anche a continuare a cercare la verità nei  libri. uno in particolare, lo aveva iIndignato al punto di scaraventarlo contro il muro, ed era stato quello di Robert Mcnamara. Ricordava o ancora gli undici  motivi che secondo l'ex segretario della Difesa avevano portato l'America a fallire in Viet Nam, tra quelli «la nostra profonda ignoranza della storia, della cultura e della politica di quel popolo ».

Nnon erano stati solo ignoranti, ma anche arroganti e razzisti”p. 93

Durante il viaggio incontra personaggi e paesaggi che guarda con occhi nuovi. Lungo il cammino riappaiono i  fantasmi del passato che magicamente, o meglio narrativamente, si incrociano e scoprono qualcosa che li unisce. 

Thrang e Quỳnh sono due sorelle che lavorano nelle risaie.. Sono piene di sogni ma anche di un convinto senso  della realtà che le spinge a stare con i piedi per terra, a lavorare sodo  per la famiglia. I genitori  stanno  combattendo la loro lotta quotidiana, cercando di  ripagare un debito che  influirà sul destino della famiglia. Vogliono che le due ragazze  studino e si creino un futuro degno. 

Intanto la guerra travolge, distrugge, ingoia sogni e progetti. 

Saigon è la grande città dove tutto sembra possibile. Le due ragazze si lasciano affascinare dai racconti di Han che “lavora” all’Hollywood bar di Saigon, guadagna molti soldi e riesce ad aiutare la sua famiglia. Dopo tanti ripensamenti  ed alcune bugie con cui  convincono i genitori, Thrang e Quỳnh accettano l’invito dell’amica e iniziano l’avventura nella grande città.

L’ Hollywood bar è una piccola America dove i soldati statunitensi, bianchi, neri e marroni… trovano ristoro dopo i loro “attacchi di “supporto”. Decine di giovani, belle ragazze, piene di sogni e ambizioni, li accompagnano  in questi momenti.

Qui si sviluppa la storia, qui si costruiscono le conseguenze, per i singoli individui e per i popoli. Qui  Thrang incontra Dan e l’amore. 

“Dan era dolce e delicato. Quando era al lavoro, il corpo di Trang tremava ogni volta che un uomo la toccava, ma aveva imparato a fidarsi di Dani. Aveva imparato a rilassarsi, a lasciarsi andare, a cercare il piacere. Adesso sapeva come vibrare al tocco delle sue dita. E  aveva insegnato a Trang che quand’ era con Dan poteva dimenticarsi dei suoi problemi. Non esistevano più i doveri verso i genitori. Non esisteva più la vergogna. Solo la travolgente consapevolezza di avere il diritto di essere felice. E Trang sentiva che la passione tra lei e Dan era alimentata dalla comune sensazione di trovarsi avvviluppati in groviglio di intimità  ed estraneità, sogno e realtà, sicurezza e pericolo.” p. 257

Alla fine tutto sembra ricomporsi in un’apparente pacificazione, eppure rimane forte la sensazione di una sofferenza non sradicabile, di una sofferenza dell’anima che fa del tutto per sopravvivere e godere dei  mille piccoli attimi di serenità concessi alla condizione umana.

Ornella Fortuna



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