Stefania Auci- I LEONI DI SICILIA- Dalla storia di una famiglia meridionale alla grande storia di Sicilia, di Italia, di Europa
I Leoni di Sicilia narra la storia della famiglia Florio, sin dalla prima dirompente e controversa tappa del proprio “destino”: il trasferimento da Bagnara Calabra a Palermo, con l'obiettivo di ampliare il traffico delle spezie. Una volta raggiunta l'isola, la capacità imprenditoriale di Paolo e Ignazio va ben oltre la meta prefissata e comincia a spaziare in altri campi, fino ad occupare spazi commerciali e finanziari impensabili all’inizio dell' impresa Siciliana.
Palermo
Palermo è parte di questa impresa. È una città cruciale,
cuore del Mediterraneo, fondamentale nell’economia moderna. La vita palermitana
dei Florio è il crocevia di eventi storici epocali per la Sicilia, per l’Italia
e per l’Europa.
"Palermo e la Sicilia si erano trasformate in un porto
sicuro, lontane dall’influenza francese[…]E poi, soprattutto, erano al centro
del Mediterraneo: questo aveva trasformato Palermo in una città che traboccava
di commercianti e di marinai provenienti da tutta Europa."
Amore
Per i Florio l’amore è una questione pubblica, ovvero legata
alle sorti economiche della Casa, proprio come accade nelle famiglie ricche e
nobili dell’epoca. Paolo vuole che suo figlio Vincenzo sposi un’aristocratica
perché ha bisogno di un titolo nobiliare che dia prestigio alla sua
ricchezza. Vincenzo fa suo questo desiderio, ma l’amore vero lo porterà
in tutt’altra direzione, una direzione di nome Giulia.
"Con il gomito appoggiato allo sportello, Vincenzo
riflette…] Le[ parlerà della smania che gli fa nascere dentro; del fatto che,
di notte, rimane sveglio pensando a lei; di come vorrebbe toccarla; di quanto
vorrebbe vederla con i capelli sciolti sulle spalle nude. Lo farà perché sa
benissimo che lei non riferirà a nessuno quelle parole, men che meno a suo
padre. Lo farà perché Giulia nulla può opporre alla vertigine che, ne è certo,
si è impadronita di lei. Lui la conosce bene, quella sensazione: la prova
quando riesce a mettere le mani su un carico prezioso o quando un affare
complicato va a buon fine. Però lei non è un carico di sommacco o una cantina.
Un carico si vende e si passa a un altro; un affare si chiude e si passa a un
altro. Invece quella femmina non passa, gli fa perdere la testa, lo fa
ubriacare. Muore dalla voglia di averla nel suo letto, per Dio!”
Ignazio, prende le redini dell’impresa alla morte improvvisa
del fratello Paolo. E con l’impresa eredita la responsabilità della sua
famiglia. La cognata Giuseppina ne è il cuore. E rapisce il “suo” cuore, eppure
Ignazio si tiene a distanza di sicurezza, continuando ad amarla in segreto,
profondamente e con rispetto, fino alla morte.
"Ciò che prova per Giuseppina non ha più il sapore
della passione. È qualcosa che ricorda la dolcezza delle sere d’autunno, con la
consapevolezza che l’estate è alle spalle e che l’inverno attende dietro la
porta."
Viva l’Inghilterra!
Vincenzo viene accompagnato con molta cura e attenzione
nella sua crescita professionale. Molto importante si rivela il suo viaggio
nell’Inghilterra neo-industriale, con Ben Ingham, imprenditore e amico di Paolo
e Ignazio. Viaggia nello Yorkshire, vive la meraviglia di posti così diversi
dall’amata Palermo e prova stupore di fronte alle moderne macchine industriali.
Guarda, ascolta e impara. E sarà lui che porterà all’interno della sua
industria di lavorazione delle spezie i nuovi stupefacenti macchinari.
«Allora? Cosa ne pensate dello
Yorkshire?»"- "Benjamin Ingham è seduto nella carrozza davanti a lui.
Gli parla in inglese. Vincenzo ha il naso schiacciato contro il finestrino e
osserva la campagna. «È bello, ma tutta l’Inghilterra è diversa da come me la
immaginavo», risponde infine. «Pensavo fosse piena di città e case.» Lo guarda.
«Non avevo mai visto così tanta pioggia, e in agosto, poi.» «Sono i venti
dell’oceano che la portano», spiega Ingham. «Qui non ci sono montagne che
frenano le nuvole, come in Sicilia.» Poi osserva l’abito del giovane e
annuisce, soddisfatto. «Il mio sarto ha fatto un ottimo lavoro. Ciò che avevate
portato da Palermo non era adatto a questo clima.» Vincenzo tasta il panno
della giacca: è caldo, resistente, non permette all’umidità di passare. Ma ciò
che lo ha davvero sorpreso è il cotone con cui sono realizzate le camicie. La
sua biancheria aveva una trama grezza; questa, invece, è morbida, ottenuta da
telai a vapore che Ingham gli ha descritto in toni entusiastici."
Rivoluzione Industriale e bimbi al lavoro-"«Ci sono più
di trenta persone impiegate qui. Il lavoro ha un suo ordine ben preciso: di là
si producono i filati che poi vengono lavorati in questo settore dello stabilimento.»
Indica una parte del capannone che sembra più luminosa. Vincenzo scorge dei
bambini seduti a cardare la lana. «Prima erano pastori o tessitori in casa; ora
hanno un salario certo e un tetto sulla testa.»"
Casa Florio cresce e si trasforma
"«A te l’Inghilterra fa bene. E anche a noi.» Ignazio
prende sottobraccio il nipote..."
Ignazio assisterà con amore e competenza la maturazione
imprenditoriale e umana di Vincenzo. Tra mille difficoltà di ogni tipo, insieme
faranno diventare Casa Florio una potenza.
"Usa il tono pacato di una constatazione, eppure i
commercianti si scostano, sono confusi. Il mite Ignazio Florio non ha mai avuto
parole di minaccia. Si allontana senza guardare in faccia nessuno. Se la sente
bruciare dentro, la rabbia: corrosiva, ingiusta. A Palermo non basta lavorare e
spaccarsi la schiena. Si deve sempre alzare la voce, imporre un potere, vero o
presunto, combattere contro chi parla troppo e a sproposito. Conta l’apparenza.
La menzogna condivisa, il fondale di cartapesta su cui si muovono tutti in un
gioco delle parti. La realtà, la ricchezza vera, non te la perdona
nessuno."
Il solco è tracciato
Quando Vincenzo rimane solo con le “sue” responsabilità
continua nel solco tracciato da suo padre e da suo zio. Al suo fianco c’è Giulia,
borghese milanese che gli ha catturato l’anima e lo ha messo di fronte a delle
scelte in contrasto con il desiderio di suo padre. Giulia è una donna moderna,
risoluta, innamorata, che accetta la vergogna di fare l’amante dell’uomo
potente, la mantenuta in una casa presa apposta per lei da Florio. Accetta
perfino di diventare madre di due bambine fuori dal matrimonio. È irremovibile.
Vincenzo lo è altrettanto e non vuole sposarla, ma quando nasce Ignazio, il
tanto desiderato erede “masculo” cede, anche contro la volontà della
madre e della società. Il loro è un sodalizio d'acciaio che sarà fondamentale
per la prosperità di Casa Florio.
E Ignazio jr non può che continuare quanto il padre e lo zio
hanno iniziato e lo fa con perizia e determinazione, incrementando ricchezza e
potere, e acquisendo prestigio grazie al matrimonio con un’aristocratica che
finalmente porterà un titolo nobiliare a casa Florio, a costi altissimi, come
la dolorosa rinuncia al grande amore francese.
Scelte stilistiche
I Leoni di Sicilia
si legge con il piacere che di solito provocano le saghe familiari complesse e
avvincenti. I meccanismi narrativi che Stefania Auci
adotta nutrono tale piacere accompagnando il lettore nell' intenso viaggio
all'interno dell'universo Florio:
- l’uso del presente storico avvicina il lettore ai
protagonisti, quasi in una dimensione tridimensionale, ed è per questo molto
efficace. Conferisce al racconto un bel ritmo sostenuto che non concede
neanche un attimo di stanchezza.
- Anche i proverbi giocano un ruolo importante nella
storia. Le radici popolari dei Florio non possono non affondare nella cultura
dei proverbi. Bellissima è l’idea di Auci di introdurre ciascun capitolo con un
proverbio che riassume il senso della vicenda di quel segmento narrativo. A voi
rintracciare nell’elenco l’argomento del capitolo che introducono:
Cu nesci, arrinesci. «Chi esce, riesce.» 16 ottobre 1779
Cu manìa ’un pinìa. «Chi si dà da fare non patisce.» 1799-1807
‘U putiàru soccu ave abbànìa. «Il negoziante decanta ciò che
ha.» Estate 1810 inverno 1820
’U pisu di l’anni è lu pisu cchiù granni. «Il peso degli
anni è il peso più grande.» 1820-1828
Addisiari e ’un aviri è pena di muriri. «Desiderare e non
avere è una pena da morire.»1830-1837
Unn’è u’ piso và a balanza. «Dove c’è il peso va la bilancia.»
1837 1849
Nuddu si lassa e nuddu si pigghia si ’un s’assumigghia. «Non
ci si lascia e non ci si sceglie se non ci si somiglia.» 1852 1854
Cent’anni d’amuri, un minutu di sdigno. «Cent’anni d’amore,
un minuto di collera.»1860 1866
Di
ccà c’è ’a morti, di ddà c’è a sorti. «Da una parte c’è la morte, dall’altra il
destino.» Settembre 1868
Cosa sapevo dei Florio...
Cosa sapevo dei Florio prima di leggere I Leoni di
Sicilia? Conoscevo La Targa Florio, storica corsa automobilistica tra le antiche strade della
Sicilia e il marsala nello zabaglione, unica sporadica concessione “alcolica” a
noi bambine. E il marsala è legato anche ad una splendida gita nella
meravigliosa Mozia, al piccolo e prezioso museo Whitaker (che
ritroverò con i Florio). Dopo Mozia arriva la sbornia di marsala. Allegra,
leggera e piena di ottimismo, in una romantica notte d’ inizio estate,
spinge un gruppo di persone, nella vita di ogni giorno austere e rispettabili,
ad inneggiare a questo dolce vino ottocentesco per le strade di Marsala.
La mia conoscenza dei Florio si ferma qui. Poi arriva il libro di Auci.
Una finestra spalancata
I Leoni di Sicilia
ha spalancato una finestra su un mondo antico e moderno nello stesso tempo,
amante e rispettoso delle tradizioni e contestualmente trasgressivo, feroce,
animato da una voglia di novità e di successo inimmaginabile.
Sensazioni contrastanti
Mi ha lasciato sensazioni contrastanti: talora sgradevoli
nei confronti di Vincenzo, per esempio. Così coriaceo, freddo e prepotente,
forse anche più del padre Paolo; talora ricche di ammirazione per la dolcezza
di Ignazio, per la tenacia e la modernità di Giulia, per la maturità e
consapevolezza di Ignazio jr.
Incantesimo palermitano
Ha riacceso l’incantesimo che Palermo ha sempre esercitato
su di me. Qualche tempo fa, tornando da San Vito lo Capo, siamo andati a
Mondello per salutare i nostri amici storici di Palermo. Abbiamo attraversato
una strada magica che conoscevo già, ma che ho rivisto con occhi nuovi.
Una strada, descritta anche nel romanzo, che taglia il Parco della Favorita
e che ho ancora davanti agli occhi per la sua maestosa bellezza. Percorrendola
mi sembrava di essere in una carrozza stile Florio, illuminata dal sole
caldo e impregnata dei dolci profumi di Settembre.
I LEONI DI SICILIA ci trasportano tra le onde del Mediterraneo, le terre di Sicilia e d’Europa mentre i Florio tracciano il destino della modernità.
Assaggi
Donne e seta a Messina- "La seta non appartiene a
Palermo. Appartiene a Messina. O, meglio, vi apparteneva. Dallo Stretto fino
alla piana di Catania, famiglie di contadini allevavano bachi da seta all’ombra
di gelsi secolari, le cui foglie erano usate per nutrire le larve. Erano soprattutto
le donne a occuparsene, e a loro andava il compenso per quel lavoro puzzolente
e ingrato. Erano più libere e indipendenti delle contadine o delle serve presso
le famiglie nobiliari. Potevano tenere per sé il guadagno. Soldi preziosi,
sudati, che le donne spendevano per acquistare il corredo o per comprare il
mobilio della futura casa."
Arriva la Cina e le
cineserie-destino della seta messinese-"Poi
la scoperta: in Estremo Oriente di seta se ne produceva di più, e a costi molto
più bassi. Arrivano così le stoffe degli inglesi, che acquistano nelle colonie
balle di filato per lavorarle in patria, oppure importano stoffe adorne di
disegni esotici. Basta con le righe e i colori tristi che si stampano in
Europa. Dopo i lunghi anni delle guerre contro Napoleone, c’è voglia di
fantasia e di vitalità. Le esportazioni dalla Sicilia verso il resto
dell’Italia cominciano a diminuire e poi quasi cessano. I gelsi cadono in
abbandono. Inizia la mania delle cineserie: mobili, porcellane, avorio
intagliato. E, ovviamente, stoffe."
L’insegna dell’aromateria- "Ignazio indica una lunga insegna di legno
dipinto: è appoggiata in terra, in fondo alla stanza. I colori sono vividi,
ancora freschi. In basso, la firma sottile del pittore, Salvatore Burgarello,
ben conosciuto a Castellammare."
La pervicacia di Vincenzo- "Dunami tempo, dissi u’ surci a’ nuci, ca ti
percio.» «Tu e i tuoi proverbi.» Carlo ride. «Sei più palermitano di certi
palermitani di settima generazione. Che vuol dire?» «’Dammi tempo, dice il topo
alla noce. Dammi tempo che ti buco.’ Io sono uno che non molla, Carlo.”
I politici- "Da quella faccenda della rivoluzione, Vincenzo si
era riproposto una cosa: rammentare sempre che ai politici non bisognava dar
fiducia. Usarli, manipolarli, comprarli, se necessario, perché ogni uomo ha un
prezzo. Però mai, mai fidarsi ciecamente di loro."
L’ira dei rivoltosi- "«Per voi, io sono il signor Pasquale Calvi. La
mia fede politica ricusa i titoli nobiliari. E con voi, certo, non abbiamo
speranza che qualcosa possa cambiare.» Li fissa, e nei suoi occhi c’è un
rancore incendiario. «Io e i miei compagni sognavamo una Sicilia libera, una
terra indipendente e confederata con gli altri Stati italiani. Nessuno di voi
ha creduto veramente a quest’ideale, nessuno! Ci siamo battuti per niente. E
ora, a causa della vostra ignavia, pagheremo per tutti. Il mio nome è sulla
lista degli esiliati. Io, costretto a lasciare la mia patria! Con la vostra
paura, sì, avete condannato me e altri figli di questa terra a un destino di
esuli. Se aveste avuto coraggio, se aveste accettato di armarvi e combattere, a
quest’ora i napoletani non sarebbero alle porte della città.»"
Il conflitto di interesse- "«Sono la persona che paga più tasse in tutto lo
Stato, che garantisce ricchezza con le sue importazioni, e che rifornisce
l’esercito di medicinali e zolfo. Voi, invece, mi mettete alle strette. Mi
avete persino confiscato gli argenti che il governo rivoluzionario mi aveva
assegnato come pagamento nel 1848...» Si ferma, prende un respiro, beve un
sorso di caffè. Sui volti degli altri due uomini c’è un profondo sconcerto. Ma
nessuno parla. «Il governo mi deve molto», conclude Vincenzo. «Voi due mi
dovete molto.»"
Pomelie nella villa dei Florio- "Nella sala e lungo la teoria di stanze, cesti di
gigli, rose e pomelie, il fiore che è quasi un simbolo di Palermo,"
Recensioriflessione di Ornella Fortuna
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